L'8 aprile 2016 è stata pubblicata la seconda Esortazione Apostolica di Papa Francesco, Amoris laetitia, che raccoglie le sintesi dei due sinodi sulla famiglia indetti, quello straordinario, nel 2014, sul tema Le sfide pastorali della famiglia nel contesto dell'evangelizzazione; e quello ordinario del 2015 sul tema La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo.
In questo contributo, il prof. Héctor Franceschi, della Facoltà di Diritto Canonico, indica alcune chiavi di lettura e spunti alla luci di ciò che ha scritto lo stesso Pontefice.
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"La gioia dell’amore che si vive nelle famiglie è anche il giubilo della Chiesa”. Con queste parole Papa Francesco inizia la sua Esortazione Apostolica Post-sinodale sulla famiglia. Sono parole che, a mio avviso, tentano di fugare, sin dall’inizio di questo prezioso documento, una visione pessimista dinnanzi alla sfida che oggi ci si presenta nei confronti del matrimonio e della famiglia nella Chiesa e nella società. Abbiamo un grande tesoro che dobbiamo riscoprire per poterlo trasmettere alle nuove generazioni, e in questo ci giochiamo il futuro della intera umanità. Non farò un riassunto o una presentazione generale dell’Esortazione Amoris laetitia. Ne sono già state fatte molte e buone. La mia intenzione è solo quella di tentare di indicare alcune chiavi di lettura e spunti alla luce di quello che ha scritto lo stesso Pontefice, vale a dire: presentare e non interpretare le parole di Papa Francesco sempre, logicamente, sulla scia del Magistero perenne della Chiesa, nell’ermeneutica del rinnovamento nella continuità.
Incomincio però spiegando le posizioni che ho incontrato nelle diverse occasioni in cui ho parlato ai pubblici più svariati di Amoris laetitia. Alcuni, purtroppo, non sono andati alle fonti, cioè al documento stesso: più che leggere l’Esortazione, non pochi hanno fatto propria, in modo acritico, l’opinione creata dai titoli dei mass media di maggiore diffusione. In questi casi, ho detto loro: “seguite il consiglio del Papa, leggete con calma le sue parole e dopo si può cominciare a dialogare”. In altre persone ho scoperto una specie di preoccupazione, quasi un’accettazione del fatto che il Papa avrebbe cambiato la prassi della Chiesa sull’ammissione all’Eucaristia dei divorziati e risposati civilmente, e dunque avrebbe commesso uno sbaglio. A questi ho dato lo stesso consiglio dei primi: “andate alle fonti, leggete l’Esortazione, evitando di ridurre tutta la sua ricchezza all’unico tema che è sembrato di interesse per alcuni mezzi di comunicazione”. Altri, invece, hanno invocato la rottura con il passato, riconoscendo alla Chiesa di aver finalmente compreso l’odierna situazione del matrimonio e della famiglia decidendo di adattarvisi. Su questo tema tornerò alla fine, perché è un aspetto molto importante su cui riflettere.
Ringraziando il Signore, in molti altri fedeli – mi vengono in mente due incontri che ho avuto con giornalisti – ho trovato una grande sete di sapere, di conoscere, di approfondire. A loro, ma anche ai primi di cui ho parlato, vanno rivolte queste considerazioni.
Una prima chiave di lettura, che ritengo fondamentale e di cui spesso i critici di cui parlavo in precedenza non tengono conto, è che ogni testo va letto nel suo contesto: ogni affermazione del Papa si trova inserita in un insieme, la cui considerazione complessiva è fondamentale per non travisare il pensiero e le preoccupazioni dello stesso Pontefice. A sua volta, si inquadra in una cornice più ampia che è il tesoro della Tradizione, della Scrittura rivelata e del Magistero universale della Chiesa nella sua storia. Non possiamo non considerare tutta questa ricchezza, raccolta in parte dalla stessa Amoris laetitia nei suoi capitoli I e III. Non solo, Papa Francesco, lungo tutta l’Esortazione, fa continui richiami alla Scrittura e al Magistero della Chiesa, alla bellezza del Vangelo della famiglia così come rivelato da Cristo e incarnato fedelmente da milioni di coppie lungo la Storia della Salvezza.
Il Pontefice difende una verità che non sono idee, concetti astratti, istituzioni fredde, ma, prima di tutto, una Persona: Cristo, che è Cammino, Verità e Vita. E questa è, mi pare, una chiave di lettura fondamentale per capire in tutta la sua portata Amoris laetitia. Solo alla luce di Cristo possiamo trovare delle vere risposte alle sfide che ogni persona e ogni situazione presentano ai pastori e a tutti i fedeli. Il Papa, lungo tutto il Documento, sviluppa con grande profondità il vero realismo del Buon Pastore che si preoccupa delle sue pecore, di ognuna di esse, accompagnandole nel cammino che tante volte è di ritorno a Cristo e al Padre, l’unico che porta alla vera felicità. Questa felicità è sempre accompagnata anche dalla Croce, dalla conversione di cui tutti abbiamo bisogno e alla quale Dio non si chiude mai, ma noi uomini invece sì che possiamo chiuderci.
In questo modo, il Papa ci conduce per mano per trasmetterci la bellezza del Vangelo della famiglia tracciato nella Scrittura e nel Magistero, facendovi continui cenni, come “il padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche” (Mt 13, 52). Fa molti riferimenti alla Costituzione Pastorale Gaudium et spes del Vaticano II, dove si sviluppa con una grande ricchezza la grandezza e la profondità dell’amore coniugale; all’Enciclica Humanae vitae di Paolo VI sulla bellezza della dimensione feconda dell’amore coniugale; alle catechesi di Giovanni Paolo II sull’amore umano e alla sua Esortazione Familiaris consortio, autentici tesori del Magistero. Ci prepara così nel farci capire con nuova luce la realtà dell’amore coniugale, tema che sviluppa nel capitolo IV, in cui fa una bella esegesi dell’Inno alla carità di San Paolo applicandolo all’amore coniugale in tutte le sue dimensioni, soffermandosi in seguito, nel capitolo V, sull’amore che si rende fecondo.
Penso che questi due capitoli – come hanno detto in molti – siano il cuore dell’Esortazione, anche se per alcuni sembra non siano stati neanche scritti. In questo senso, raccomando vivamente ai coniugi – tanto ai giovani come a quelli che sono avanti negli anni – la loro lettura scandita da pause e meditata. Resteranno sorpresi dalla bellezza e, allo stesso tempo, dalla concretezza del pensiero di Papa Francesco, trovando dei consigli molto pratici, come se fossero indirizzati a ciascuno nella situazione in cui si trova e con le sfide che deve affrontare. Vi è un tema oggi molto urgente, nella cultura del provvisorio in cui siamo immersi, che mi è sembrato magistrale, ed è la necessità di reinventare ogni giorno l’amore tra gli sposi, cosa che li aiuterà molto, soprattutto in quelle situazioni in cui si accorgono che la loro relazione comincia a spegnersi o si trovano a vivere una crisi. Solo mediante un lavoro arduo e mutuo di costruzione e ricostruzione delle relazioni familiari, troveranno la vera gioia, che non può prescindere, come più volte ha ricordato il Papa, dalla presenza della Croce. Altre vie sono false strade, scorciatoie che conducono al nulla. Dopo aver letto questa Esortazione si potrà instaurare una vera discussione e uno scambio di pareri con altre persone. Soprattutto, ognuno troverà dei passi che saranno come colpi al cuore, luce per vedere e forza per volere il vero amore ed esservi fedeli.
Per i genitori raccomanderei la lettura del capitolo VII sull’educazione dei figli, che trasmette un profondo realismo e un grande senso pedagogico, con consigli molto concreti su come educare oggi, mettendo in guardia contro alcuni pericoli molto reali, come quando si parla della necessità di educare nella libertà, di dare spazio ai figli, di educare prima di tutto con la propria testimonianza, del primato del tempo sullo spazio. Strapperà persino qualche sorriso, come quando parla della madre che vuole controllare tutto, che vuole sempre sapere “dove è” il figlio, ma non riesce a capire che i figli hanno bisogno di tempo e di libertà per crescere.
Se ho detto che bisogna andare alle fonti, questo è particolarmente importante nel caso del capitolo VIII, del quale già il titolo ci indica chiaramente lo scopo: Accompagnare, discernere e integrare la fragilità. In esso si vede il cuore sofferente del Buon Pastore, che dà la vita per le sue pecore e non pensa ai numeri, alle novantanove, ma a ogni singola pecora che è chiamata alla salvezza in Cristo mediante la conversione personale. Da questa prospettiva, si capisce benissimo l’insistenza del Papa sul bisogno di abbassarsi, di “sporcarsi le mani” come gli piace ripetere, senza cercare soluzioni generali di comodo che ci evitino di doverci sobbarcare ogni pecora, accompagnarla, capire dove si trova per poterla mantenere sul retto cammino o riportarla all’ovile.
Ciò però non può significare relativismo o etica della situazione. Ammetto che in qualche passo di questo capitolo c’è il rischio di fraintendimenti – come ha riconosciuto lo stesso Pontefice –, come se non ci fosse una verità oggettiva e un bene oggettivo che va cercato in ogni singolo caso. Ed è qui che occorre il vero discernimento pastorale, il quale non “crea le regole” dell’agire morale, del bene e del male, ma illumina efficacemente i cuori perché si aprano alla verità di Cristo, che è Colui che dà la forza per rimuovere gli ostacoli oggettivi di comunione che ci allontanano da Lui. Nel caso dei fedeli divorziati e risposati e di altre situazioni che non sono pienamente coerenti con la verità del matrimonio, o persino ne sono contrarie, la risposta non può che essere data nella cornice delle verità perenni che conosciamo tramite la Scrittura e il Magistero della Chiesa.
Una pastorale di queste situazioni che contraddica il messaggio di Cristo sull’indissolubilità del matrimonio, che chiuda gli occhi alla “realtà vera” in cui si trova ogni singolo fedele, non sarebbe una vera pastorale. Il buon pastore deve prendersi cura delle pecore, guarirle, aiutarle a rientrare nel cammino; se questo non viene indicato con chiarezza, né il pastore né la pecora troveranno la strada della conversione, del ritorno alla casa del Padre, del pentimento del figliol prodigo che, sì, è stato perdonato, ma perché prima si è aperto al perdono e alla conversione di vita. In questo senso, ritengo che una lettura di questo capitolo di Amoris laetitia che proponga una pastorale che non tenga conto dell’oggettivo ostacolo alla piena comunione in queste situazioni, suggerendo una prassi diversa sugli aspetti sostanziali rispetto a quella proposta dal Magistero precedente, in modo particolare da Familiaris consortio, non darebbe come risultato un’autentica pastorale. Infatti, se non si indica con grande carità ma con amore alla verità quale sia la strada buona, non ho dubbi nell’affermare che ci troveremmo dinnanzi a un grande danno per quei fedeli che vogliono veramente riavvicinarsi con beneficio ai sacramenti. Il cammino è spesso pieno di ostacoli, richiede dedizione alle anime, tempo, accompagnamento, vero amore. La soluzione spesso non sarà vicina, ma dobbiamo avere la certezza, quella che ci dà la fede nell’efficacia dell’opera salvatrice di Cristo, che se siamo fedeli agli insegnamenti di Gesù e della sua Chiesa sul matrimonio, porteremo queste persone verso una vera e profonda conversione e riusciremo ad aiutarle a ritrovare la pienezza della comunione con Colui che è la loro e la nostra salvezza. Ciò non è altro che prendere sul serio quanto già anni fa ci propose san Giovanni Paolo II nel noto numero 84 di Familiaris consortio. A mio avviso – ma questa è una mia opinione – se Papa Francesco ha voluto soffermarsi solo sulla prima parte di quel numero dell’Esortazione, in cui si parla dell’aiuto e dell’accompagnamento e integrazione di questi fedeli, senza fare esplicito riferimento alla seconda parte in cui Giovanni Paolo II ribadisce i limiti oggettivi riconosciuti da sempre nella Chiesa, è perché si rende conto che c’è ancora molto cammino da fare in questa pastorale. Spesso, infatti, i pastori e i fedeli si sono limitati a spiegare una prassi, ma senza fare quello sforzo di mettersi accanto a questi fedeli per aiutarli nel cammino di conversione, alle volte lungo e travagliato.
Ho voluto soltanto dare qualche idea che spero possa essere utile non solo per capire gli insegnamenti di Papa Francesco, ma per esservi fedeli e assecondarlo come buoni figli. Come ho detto prima, questo capitolo va capito nel contesto di tutta l’Esortazione, che è un canto alla fedeltà dell’amore familiare, a cominciare da quello dei coniugi, e una chiara difesa del bene – che è bene personale, dono di Cristo agli sposi – dell’indissolubilità del dono coniugale. Così, sempre alla luce della verità dell’amore, dovremmo accompagnare ogni fedele nel suo cammino verso la verità che è Cristo. Dovremmo discernere e, spesso, questo implicherà portare i fedeli secondo “la legge della gradualità”, sempre in rispetto della verità di “ciò che si è”, ma consapevoli che per ognuno il cammino è diverso, e non di rado richiede del tempo e dell’amorevole cura del pastore e degli altri fedeli. In questo modo si capisce come il Papa non abbia voluto dare delle ricette generali che ci avrebbero scagionato dalla necessità del discernimento del buon pastore. Il Pontefice, è vero, non ha voluto dare una ricetta per tutti i casi, malgrado qualcuno si appigli a qualche nota in calce per affermarlo.
Ciò che è chiaro è che Papa Francesco, sulla scia della fedeltà agli insegnamenti di Cristo e della sua Chiesa, ci ha invitato a non esprimere dei giudizi generali, fare delle classificazioni aprioristiche, che ci portano a catalogare i fedeli in modo generico come appartenenti ad una o ad un’altra categoria, e così avere già la risposta pronta per ogni caso, senza un previo discernimento che ci permetta di scoprire, in ogni singolo e irripetibile caso, come la luce di Cristo può illuminare ogni singola anima affinché si decida a ripercorrere il cammino verso di Lui, che è il cammino della santità. Ecco qui una grande responsabilità dalla quale noi pastori non possiamo esimerci con delle formule o delle soluzioni generali, perché questo sarebbe tradire quanto lo stesso Pontefice ci chiede.
Se da quanto ho detto in queste pagine il lettore arriverà alla conclusione che deve leggere direttamente Amoris laetitia, chiedendosi cosa dice Papa Francesco a lui – come pastore, come coniuge, come padre o madre, come figlio –, penso che avrò raggiunto il mio obiettivo.
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