Giovedì 9 marzo 2023 si è svolta la Festa dell'Università 2023 in ricordo del Beato Álvaro del Portillo, nostro fondatore e primo Gran Cancelliere.
Tanti i partecipanti; studenti, professori, dipendenti e amici dell’Università.
L’entrata in Aula magna è stata accolta dalla musica di un duetto a fiato di Gregorio Donoso (studente della facoltà di Teologia) e Benedikt Aicher (studente della facoltà di Filosofia).
Dopo il saluto del rettore, Luis Navarro, è stato proiettato un video sulla vita di don Álvaro: dai suoi primi anni accanto al fondatore dell’Opus Dei, fino al giorno della beatificazione avvenuta a Madrid il 27 settembre 2014.
La parola è poi passata al dott. Gerardo Ferrara, dell'Ufficio Consulenza Studenti della nostra Università, che ha presentato la dott.ssa Mariolina Ceriotti Migliarese, medico, neuropsichiatra infantile e psicoterapeuta. La dottoressa ha parlato di Padri e figli. I sentieri della paternità e ha risposto ad alcune dei domandi di studenti e professori.
Intervento integrale
Nucleo centrale della tesi della dottoressa è che per diventare padri è richiesto un percorso con tappe di sviluppo che devono compiersi e svilupparsi l'una dopo l'altra. “La paternità non va confusa con l’avere biologicamente dei figli” ma, nella vita di un uomo, “segue tappe di maturazione con compiti evolutivi che vanno completati tutti per passare al successivo. Se uno non è compiuto non ci si sviluppa nell'altro”. Il tema della paternità, dunque, consiste nel far capire che “il maschile adulto è lo sviluppo e il compimento di una posizione paterna” ha spiegato la dottoressa.
Questo percorso, teorizzato da Erikson, ha approfondito la psicoterapeuta, indica che "il compito specifico dell'età adulta è la generatività, una capacità che va oltre la procreatività, e comprende anche la creatività e la produttività”. La generatività è anche “avere cura di ciò che si genera”. Quindi “avere una responsabilità verso ciò che si genera, spostando il proprio baricentro personale da noi stessi verso ciò che abbiamo generato. È rispondere all'appello dell'altro. La risposta alla fiducia che l'altro ripone in noi”. In questo senso, ragiona la dottoressa, “si tratta di una competenza adulta che si può avere solo se si sono adempiute le tappe precedenti: l’infanzia, l’adolescenza – in cui avviene il compimento e il consolidamento dell'identità: chi sono, cosa desidero, cosa significa per me il maschile e femminile – e la tappa del giovane/adulto nella quale si ha una percezione di sè con un baricentro definito”. Nella tappa del giovane/adulto è fondamentale la “competenza all'intimità”, cioè “riuscire ad incontrare l'altro nella differenza vista come ricchezza”. Questo implica accettare anche i limiti imposti dalla realtà, legittimare la differenza e il valore della differenza. “Questo è un valore difficile da capire oggi, perché la tendenza attuale nella ricerca di un legame affettivo non è quella di cercare un altro diverso da me con legittime differenze, ma trovare qualcuno per me che risponda alle mie aspettative o bisogni”. Invece “sono proprio i limiti ad aiutarci a scegliere, perché tramite i limiti noi capiamo cosa dobbiamo lasciare andare, per spingerci al di là del narcisistico amore di sé stessi e aprire la mente e il cuore verso qualcosa che va oltre di noi. Questo permette di aprirsi all’altro”.
Dunque secondo la dottoressa, il paterno non è altro che ”il modo maschile di essere generativi”. Il modo femminile è invece il materno. Entrambi hanno gli stessi desideri che si differenziano nel modo di essere generativi. “Non si tratta di un compito gravoso e difficile, così come il materno, e non c'è un'ottica sacrificale, ma espansiva”. Cioè man mano che la persona matura avverte il bisogno di diventare padre e madre, ad aprirsi ad una dimensione creativa. “Questa creatività è un incontro tra cosa abbiamo al nostro interno con ciò che c'è all'esterno. Ad esempio, una ricetta, che nasce dal desiderio di condividere qualcosa fatto da noi, poi diventa esterno, cioè il prodotto, il dolce, che viene offerto agli altri”. Nella generatività, sottolinea la Ceriotti Miglianese, c'è anche l'aspetto del compiacimento – come, ad esempio, c’è anche quando si scrive un libro – e “da questo punto di vista i figli sono il massimo. Il piacere in quanto padri è vedere che il prodotto (figli, libro, torta, ecc.) ha gambe per andare nel mondo”.
Nel rapporto uomo-donna come influisce questo aspetto della paternità e maternità? “le donne desiderano incontrare nell'uomo anche la posizione paterna e viceversa. La donna desidera uomini generativi e dunque competenti nel paterno e che escano dalla dipendenza infantile madre-bisogno”. Nelle tappe di crescita, spiega la dottoressa, “l'uomo deve fare un passaggio dalla figura di madre, che rappresenta il primo bisogno, a quello di donna. Deve imparare a capire che esistono diverse figure femminili a cui relazionarsi nel tempo”. “Una donna desidera un uomo che lavori su questo punto. Ha bisogno di uomini di cui fidarsi. E uomini capaci di rispetto e stima”.
La paternità più alta è quella del modello tra Dio Padre e il Figlio. È il modello da seguire. “È il padre che indica la rotta, che dà i valori, che insegna ad accettare il dolore, che aiuta il figlio a trovare la sua vocazione, che insegna a farsi le domande giuste sulla propria vita. Cosa chiede un figlio al padre? gli chiede: tu ci sarai sempre per me? ti interessi di me? insegnami la strada del bene. Sostienimi, dammi credito, dammi tempo. Sei fiero di me? aiutami a non aver paura”.
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